Ci salutiamo con un sorriso e tanti buoni propositi, è ora di cena e poi a letto perchè domattina la sveglia suonerà alle 5.30, come quasi ogni giorno da molto tempo.
Carolina ha solo 17 anni ma né la sua voce né l’espressione del suo viso lasciano presagire, anche solo per un attimo, che senta il peso della “levataccia”.
Lei che legittimamente potrebbe occupare il tempo pensando a come vestirsi per uscire con gli amici in una splendida sera d’estate, lei che avrebbe ancora tutto il diritto di perdersi in frivolezze e futilità, lei è già oltre tutto questo, oltre i suoi 17 anni, rapita da un sogno candido come il colore dei suoi pattini e da una tenacia tagliente più delle lame con cui addomestica il ghiaccio.
Tutti noi almeno una volta ci siamo concessi il brivido di infilare i pattini su una pista di ghiaccio, Carolina lo ha fatto a 6 anni e le è bastato poco per capire che non sarebbe più scesa da quelle “ali magiche”.
UN TALENTO DA PLASMARE
A Brescia, dove è nata e cresciuta, muove i suoi primi passi sportivi con la società Icelab, entrando nella squadra di “danza su ghiaccio in coppia”.
Le cose vanno bene da subito, tanto che la spinta propulsiva di un talento innato la porta ad essere notata da Barbara Fusar Poli (ex campionessa Mondiale e bronzo alle Olimpiadi invernali del 2002) che la porta a Milano per allenarla.
Inizia un percorso articolato, in cui il pattinaggio rivendica un posto da assoluto protagonista e rende difficile trovare spazio per le altre cose importanti (la scuola, le amicizie..).
Gli anni delle medie trascorrono scanditi da quotidiani viaggi tra Brescia e Milano, sino alla decisione di trasferirsi stabilmente.
In poco tempo Carolina dimostra il suo valore, “brucia” le categorie minori e guadagna credibilità: i sacrifici danno splendidi frutti!
Nel 2014, in coppia con Alessio Galli, arriva un terzo posto ai Campionati Italiani che le vale l’accesso in Nazionale.
Da lì in poi si susseguono ottimi piazzamenti nelle competizioni internazionali e nel frattempo inizia a gareggiare in coppia con Michael Khràstecky, talento sloveno di 18 anni, che oggi vive con la famiglia Portesi Peroni.
I due atleti sono affiatati, determinati e forti… molto forti!
COME UN FULMINE A CIEL SERENO
Tutto procede secondo i piani: è in corso la preparazione ai Campionati Italiani del 2018, trampolino di lancio per un’ormai probabilissima partecipazione ai successivi Campionati Mondiali.
A questo punto, esattamente alle 12.15 p.m del 26-10-2017, il destino mescola le carte.Carolina e Michael sono in pista come sempre, lei frena per un imprevisto ed il pattino del compagno, in una frazione di secondo, si abbassa come una scure.
Non si capisce bene cosa sia successo, Carolina è a terra e qualche istante dopo si trova a fare i conti con il suo demone.
Quel demone non è il dolore ma il fatto di non poter muovere il piede, la sensazione di non avere il controllo del proprio corpo e la paura di vedere svanire il sogno di una vita.
La diagnosi parla di rottura del tendine d’Achille ed il responso è unico ed inevitabile: ricovero, sala operatoria, riabilitazione.
In quel momento l’emotività affiora spontaneamente, come una spada sguainata che anche il miglior samurai rischia di non saper controllare e rivolgere contro se stesso.
LA FAMIGLIA PRIMA DI TUTTO
Arriva un momento nella vita, in cui abbiamo bisogno di un appoggio.
Quell’appoggio Carolina lo trova in primis nella famiglia, che lei definisce il suo perno, la sua certezza, il suo “tutto”.
Dai suoi occhi traspare un’enorme riconoscenza nei confronti dei genitori e la piena consapevolezza che quel che ha lo deve a loro, ai sacrifici di chi ha sostenuto gli oneri economici, emotivi ed organizzativi di questo articolato percorso che giorno dopo giorno la sta avvicinando ai suoi sogni.
Mi sorprende vedere come, seppur giovane, Carolina non dia per scontato nulla di quello che loro hanno fatto e stanno facendo per lei.
E’ ben consapevole di come la sua “passione sportiva” abbia avvolto in modo totalizzante la sua famiglia, richiedendo forse il prezzo più caro nel vederla andar via da casa giovanissima.
Suo padre Nicola è per lei un riferimento marmoreo; sempre pronto a sostenerla con passione e forza, in lui quel porto sicuro che ogni figlia meriterebbe di avere tra le braccia di un papà.
In ugual misura il sorriso di Carolina si illumina quando parla della mamma Michela, a cui riconosce una “istintiva capacità di comprendere le persone” e che descrive come fonte di grande ispirazione; una presenza in grado di far luce nei momenti di incertezza!
Seguendo il fascino di tale considerazione mi racconta che le piacerebbe studiare Psicologia, specializzandosi poi in ambito sportivo, per valorizzare ciò che oggi sta vivendo come atleta e farne dono ai talenti del futuro, quello stesso futuro che oggi è proprio davanti ai suoi occhi.
Lo sport è la sua polvere di stelle, la nuvola in cui ritrova la propria identità da quando ha memoria di sé, eppure c’è una frazione di secondo in cui anche lei si concede il lusso di essere una ragazza della sua età, si abbandona alla curiosità di affacciarsi e guardar giù da quella nuvola che la avvolge.
Il suo tramite con “il mondo fuori” è indubbiamente la sorella Camilla, più grande di un anno e a cui la unisce un amore viscerale, una complicità che è per lei ossigeno vitale e che le permette di esorcizzare quelle piccole malinconie legate all’aver scelto un’adolescenza senza mattinate in classe, pomeriggi di studio, gite scolastiche e tanto altro.
AD UN PASSO DALLA GIOIA
Se è vero che uno sportivo impara presto a convivere con i limiti, la differenza tra un atleta ed un Campione sta anche nel capire che “sfidare i propri limiti” è ciò di cui ha bisogno per fare la differenza, mentre “rifiutare le circostanze” diventa frustrante ed inutile.
Con questa mentalità inizia il lento recupero, fatto di metodica pianificazione e sedute fisioterapiche.
Niente più di un infortunio ci porta a capire quanto diamo per scontato il fatto di avere il controllo del nostro corpo ma…la vita dà e prende senza chiedere permesso.
Con pazienza si arriva a dicembre, lentamente la gamba migliora ed anche l’umore, edulcorato dal ritorno a casa per le feste di Natale e la voglia di passare il Capodanno con gli amici.
Il 2017 ha però ancora qualcosa da dire, qualcosa che a Carolina non piacerà per niente.
IL LABIRINTO DI CHARTRES
Mancano solo 2 giorni a capodanno e se è vero che le feste scaldano il cuore e rendono ”tutti più buoni”, c’è da credere che le stampelle di Carolina abbiano Scambiato Natale con Carnevale, riservandosi il piacere di uno scherzo che potremmo definire “di pessimo gusto”. Credereste mai che un’atleta capace di sfidare le leggi della fisica grazie ad un senso dell’equilibrio degno di un funambolo, possa perdere il controllo di una stampella camminando in casa?
Forese nemmeno lei ci avrebbe creduto se glielo aveste chiesto 1 minuto prima eppure.. basta una frazione di secondo per perdere l’appoggio e spostare inconsapevolmente il carico proprio sulla gamba infortunata; la sensazione dello strappo è istantanea e impietosa.. il tendine ha ceduto!
Sul pavimento della Cattedrale gotica di Chartres, in Francia, è disegnato un labirinto che cela in sè un prezioso insegnamento.
Potrai affacciarti al suo ingresso senza difficoltà ma dovrai guadagnarti il privilegio di raggiungerne il centro.
Appena partito, la via ti porta subito in prossimità del tuo obiettivo, ti sembra di essere già arrivato, basta fare un salto ma..il salto è impossibile. Devi seguire la via.
La Via ora si allontana un po' dal centro.
Ciò che sembrava facile comincia a mostrare le sue difficoltà.
Ciò che sembrava conquistato, è perso.
La Via ti porta nuovamente a sfiorare la meta.
Credi di essere quasi arrivato. Dopo tutto hai già fatto un bel pezzo di strada!
Ma ancora una volta non puoi entrare nel cerchio.
Questa volta la via ti porta lontanissimo, ai limiti dell'universo.
Il tuo obiettivo sembra ormai irraggiungibile.
Devi sperimentare percorsi lunghi, freddi e difficili,
tali da far vacillare la tua determinazione.
Solo ora, dopo aver superato le prove più ardue,
la via, dai confini dell'universo, ti porta al centro del labirinto.
C'è solo una piccola deviazione, come una foglia su un ramo prima del fiore.
E' un'illuminazione .
Alcuni si sono fermati ai primi passaggi
e continuano a guardare il fiore
credendo di essere arrivati.
Se vuoi realmente arrivare devi percorrere tutta la strada,
non esistono scorciatoie!
LA LEGGENDA DELL’ARABA FENICE
Simile ad un’ aquila reale, la Fenice incarna un mito di altissima suggestione.
Essa rinasce dalle proprie ceneri adornata di un piumaggio maestoso, frammisto di oro e porpora.
E’ il simbolo della resilienza, la capacità di trasformare le avversità in opportunità di rinascita.
Il secondo infortunio di Carolina è emblematico, trait d’union tra l’etereo simbolismo dell’uccello mitologico e la concretezza dei fallimenti che ciascuno di noi sperimenta quotidianamente, pur privo della possibilità di modificare certi eventi ma armato dell’opportunità di vestirli di un significato che può avere diverse forme.
Dopo il secondo intervento chirurgico Carolina ha versato le sue lacrime, ha rinnegato e maledetto il suo presente, ma non è fuggita.
Ha capito che solo accettando la sfida del destino avrebbe potuto trovare il modo di non subirla… quando le cose non possono cambiare siamo noi a doverci adattare per non soccombere.
Dobbiamo imparare ad adattarci al vento ed alle tempeste come fanno gli alberi sviluppando radici forti e rami flessibili.
Carolina ha detto: l’infortunio mi ha costretta a scavare dentro me stessa: ha rappresentato l’opportunità che i miei avversari non hanno avuto, io si !
Questa frase incarna il potere dirompente della disciplina sportiva, la “forma mentis” di chi è campione a prescindere dalle coppe o dalle medaglie.
Gli eventi non assumono un significato assoluto, assumono il significato che siamo in grado di dare loro.
La Fenice rinasce più bella e più forte solo perché sa trasformare le proprie ceneri nel nettare di cui nutrirsi.
Il 15 giugno 2018 Carolina rientra in pista e si lascia scivolare sul suo ghiaccio, esattamente come la fenice che libra le sue ali maestose in un volo catartico.
Da quel giorno è tornata alla sua vita, metafora romantica della vita di ciascuno di noi, fatta di quotidiani sacrifici, di tentativi ed errori, in cui si è sempre allievi ed al contempo maestri di sé stessi, in cui tutto è più complicato di quanto possa sembrare, ma tutto serve a prepararci a qui meravigliosi, fugaci, totalizzanti momenti di felicità assoluta, quelle poche frasi indelebili che renderanno unico il libro della nostra esistenza, quei momenti in cui respirare a pieno la sensazione che il nostro posto nell’universo sia “qui ed ora”.
Al di là delle medaglie o delle coppe che solleveremo durante la nostra vita, quando in fondo ci troveremo a fare i conti con noi stessi conterà chiedersi (senza abbassare lo sguardo) se avremo vissuto da campioni.
Tutto il resto avrà poco senso.