FITNESS

L’intera comunità scientifica appare da tempo concorde nel proclamare gli innumerevoli effetti positivi legati alla pratica dell’esercizio fisico, arma vincente sia a scopo preventivo che curativo.

Tale presupposto mi spinge ad un doveroso chiarimento : quando parliamo di attività fisica ed esercizio fisico ci riferiamo a due concetti differenti.

L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce Attività Fisica “qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduca in consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo”.

Una passeggiata, una gita in bicicletta, l’utilizzo delle scale in alternativa all’ascensore; sono tutte forme di attività fisica che nella maggior parte dei soggetti (escluse specifiche condizioni patologiche) non necessitano di supervisione o monitoraggio ma sono comunque utili al mantenimento di un buono stato di salute generale.

Il concetto di Esercizio Fisico presuppone invece l’impiego del nostro apparato locomotore secondo finalità specifiche (miglioramento della forma fisica, performance, riabilitazione etc..) ed è in tale ambito che si sviluppa il mio modo di intendere il Fitness.

E’ in tale ambito che le Scienze Motorie riconoscono ed esprimono con fierezza il loro valore e la loro dignità, tanto più che un approccio scorretto all’esercizio fisico può causare infortuni e patologie invalidanti che spesso si manifestano solo a distanza di anni.

La mia volontà ed il mio debito di riconoscenza nei confronti di un ambito che posso considerare “il mio primo amore” mi porterà sempre a vedere nell’ Educazione Motoria uno strumento capace di generare e garantire salute nelle diverse condizioni e fasi della vita, purchè usato con attenzione, metodo e capacità di generare nell’individuo un uso consapevole del proprio copro.

ESTETICA (dimagrimento, tonificazione e sviluppo muscolare, ricomposizione corporea)

L’attuale idea di “cultura fisica” è indissolubilmente legata al nome di Eugen Sandow (1867-1925) che è ritenuto il padre del culturismo moderno per essere stato il primo a modellare e plasmare il proprio corpo non allo scopo di esibizioni di forza ma al fine di raggiungere l’ideale di perfezione incarnato dalle statue romane e greche.
Sandow si ispirò a tale ideale di armonia e proporzione del corpo osservando e misurando le statue dei musei.
Introdusse il concetto secondo cui l’allenamento con i pesi e una corretta alimentazione determinano l’aumento di massa muscolare, al fine di creare armonia e proporzione nelle forme. Da qui il termine bodybuilding, letteralmente "costruzione del corpo".
Solo a partire dagli anni ’70 però il Bodybuilding divenne un fenomeno di massa, grazie ad Arnold Schwarzenegger, campione di 7 Mr. Olympia e successivamente star del cinema.
Con il dilagare del fenomeno prese piede anche l’uso (scellerato) di sostanze dopanti, dardi letali che continuano a mietere vittime tra i numerosi frequentatori di palestre, abbagliati da canoni estetici ormai estremi e da un concetto di forma fisica lontano anni luce da quello di salute.
Personalmente non trovo nulla di sbagliato nel concetto di cultura fisica (disciplina che tramite l'allenamento con pesi e sovraccarichi e un'alimentazione specifica si pone come fine ultimo il cambiamento della composizione corporea) e risulterei ipocrita a sostenere il contrario.

Platone nel Fedro parlando delle idee scrisse «Così solo la bellezza sortì questo privilegio di essere la piú percepibile dai sensi e la piú amabile di tutte.»

Ciò che mi preme sottolineare è piuttosto che il perseguimento di un’armonia delle forme debba essere sempre subordinata al rispetto della fisiologia dell’organismo e dell’equilibrio mentale ed è in questo senso che ho sempre inteso il concetto di “estetica legata al fitness”.

Piacersi ed essere in armonia con il proprio corpo è un concetto che non può essere appannaggio esclusivo del giovane ma che esprime il proprio senso in ogni stagione della vita.

L’uomo è sia natura che artista e la cultura fisica gli permette di essere simultaneamente opera e artefice.

PERFORMANCE SPORTIVA

“Negli atleti il culmine della buona condizione è pericoloso se sono giunti al loro limite: non possono infatti restarvi nè mantenerla e, non mantenendola, non possono più migliorarla, sicchè non resta che peggiorare. A causa di ciò conviene rimuovere non lentamente la buona condizione, perchè il corpo possa riprendere di nuovo la parabola ascendente. Non bisogna però spingere la riduzione fino al limite, sarebbe pericoloso, bensì fino a quel punto che la costituzione del soggetto possa sopportare”

Questa frase, attribuita ad Ippocrate, sottolinea come la medicina (nella figura altisonante del proprio padre putativo), dedicasse già quasi 2500 anni or sono, particolare attenzione ai delicati meccanismi alla base del risultato agonistico.
La strategia di allenamento nell’ambito della pratica sportiva non può lasciare nulla al caso: è fondamentale periodizzare, quantificare e interpretare ogni miglioramento o peggioramento.
Strutturare un programma di allenamento per l’atleta agonista richiede competenza e precisione chirurgica; il minimo errore di valutazione può compromettere i risultati raggiunti in mesi di lavoro.
In circa 15 anni di attività sul campo, ho avuto modo di comprendere 2 aspetti fondamentali in tan senso:

1)l’atleta agonista è portato per definizione a sviluppare una profonda conoscenza del proprio corpo. Affrontando con maniacale dedizione le quotidiane sudute di allenamento sviluppa una ammirevole capacità percettiva ed impara a riconoscere anche i segnali più sfumati che l’organismo gli invia.
Non è certo un dettaglio da poco in un mondo di estremi in cui l’attenzione verso il corpo viene da un lato demonizzata e dall’altro, all’opposto, considerata esclusivamente come mezzo per apparire.
L’atleta più di ogni altro si guarda dentro e si ascolta, perchè sa che solo guadagnandosi il rispetto del proprio corpo potrà poi chiedergli di dare il massimo, di sacrificarsi con lui e per lui.

Tale premessa ci porterebbe a pensare che sia addirittura più facile strutturare un allenamento finalizzato alla “performance sportiva”.
Purtroppo il punto seguente ridimensionerà i nostri entusiasmi.

2) Se è vero che l’atleta agevola il preparatore nell’interpretare i segnali di risposta allo stimolo allenante, è altrettanto vero che il risultato atteso non ammette imprecisioni di sorta: arrivare allo stato di forma ottimale una settimana prima o una settimana dopo la competizione, può fare una grande differenza.
A ciò si aggiunga il delicato compito di lavorare su un organismo inevitabilmente posto in una condizione di stress a livello cardio-vascolare, muscolo-tendineo ed articolare oltre che psicologico.
L’agonista non si allena secondo un concetto di “benessere” così come il motore di una Formula 1 non entra in pista pensando di fare una gita turistica.

Strutturare un piano di preparazione atletica significa porre il soggetto in condizione fisica tale da ottimizzare il rendimento ed evitare il rischio di infortuni o favorirne il recupero. Mai come in questo ambito sarà importante il lavoro d’equipe del medico (responsabile degli aspetti clinici e della supervisione del percorso) con l’allenatore ( responsabile degli aspetti tecnici e tattici), lo psicologo, il fisioterapista etc..

In questa meravigliosa metafora della vita, capace di concentrare in pochi minuti o secondi i sacrifici di lunghi anni di lavoro, nulla è lasciato al caso; la perfezione di un gesto tecnico o il raggiungimento di un nuovo record sono il frutto del lavoro di molti, una stella cadente destinata a durare una frazione di secondo ma capace di rimanere nei nostri ricordi per un tempo lunghissimo.

FITNESS CARDIOMETABOLICO

Obesità, dislipidemie, ipertensione arteriosa, insulinoresistenza e diabete di tipo II sono killer silenziosi, spesso protagonisti di un copione ben noto al mondo occidentale.

Tale copione vede nella patologia cardiaca acuta e nell’ictus un epilogo che molte volte potrebbe essere evitato ed il mondo Scientifico è ormai concorde nel ritenere che la prevenzione ed il trattamento di tali problematiche necessiti in egual misura del contributo di una corretta alimentazione e di un adeguato programma di esercizio fisico.

L’utilizzo del termine “adeguato” non è casuale e vuole contrapporsi con fermezza agli scellerati consigli di quei falsi “professionisti della salute” che liquidano il problema con il classico “vada a correre” o peggio consigliano tipologie di allenamento intensivo basate su un elevato e non graduale impegno cardio-polmonare.

Ricordiamo che il soggetto in sovrappeso, iperteso o insulinoresistente si trova in una condizione da valutare con attenzione e che un’attività motoria non adeguata può peggiorarne il quadro invece che migliorarlo.

Il concetto di “fitness cardiometabolico” rievoca un importante percorso di approfondimento che ho avuto il piacere di portare a termine presso l’Università di Pavia durante gli anni della Laurea Specialistica in Scienze Motorie.

I preziosi insegnamenti relativi all’attenta valutazione delle condizioni basali del soggetto con fattori di rischio o con patologia conclamata e gli studi condotti in merito alla pianificazione dell’ esercizio come strumento preventivo o adattato al quadro clinico, ha profondamente segnato il mio modo di concepire l’allenamento, aprendomi gli occhi sul potere terapeutico dell’attività motoria.

In un mondo che ci offre aspettative di vita inimmaginabili sino a 50 anni fa, un corretto approccio all’esercizio fisico può senz’altro essere fondamentale in termini di quantità ma soprattutto di qualità della vita stessa.

RECUPERO FUNZIONALE POST-INFORTUNIO/POST-CHIRURGICO

La convalescenza (periodo di transizione dalla malattia al recupero completo del benessere psico-fisico) rappresenta un momento molto delicato.

Poichè la pratica lavorativa mi porta spesso ad occuparmi delle conseguenze di infortuni a carico dell’apparato muscolare e/o osteoarticolare (trattati sia conservativamente che con approccio chirurgico) mi preme fare alcune considerazioni:
- Lo stato morboso o il trauma acuto ci espongono prima di tutto ad una condizione di fragilità emotiva che nulla ha a che vedere con l’essere deboli ma che viene spesso trascurata da chi ritiene sufficiente risolvere il problema in modo “meccanico”.
- La condizione di malattia, qualunque essa sia, ci obbliga a riorganizzare quella percezione di noi stessi profondamente consolidata e radicata negli anni.

Ci troviamo dunque catapultati (spesso senza preavviso) in una dimensione nella quale il nostro corpo sembra non appartenerci o peggio esserci nemico (dolori, fastidi, limitazioni delle nostre autonomie motorie).

Sia nel caso in cui risulti possibile un recupero completo (restitutio ad integrum) che parziale, diventa fondamentale una progettualità nel percorso di “rieducazione motoria”.

Tale percorso, attentamente elaborato e monitorato in base alle specifiche esigenze dell’individuo, ha lo scopo di rimetterci in contatto con il nostro organismo, ricostruendo (o creando ex novo) schemi percettivi, propriocettivi, mobilità, resistenza, forza, reattività neuro-muscolare e gestualità propria di una determinata disciplina sportiva o più semplicemente del nostro agito quotidiano.

Nulla come la malattia ha il potere di farci capire quanto il controllo del nostro corpo (e spesso della nostra mente) siano un privilegio che non possiamo banalizzare o dare per scontato.

Per contro essa stessa ci offre l’opportunità di comprendere meglio noi e gli altri, di attingere a risorse mentali e fisiche che non pensavamo di possedere (pensiamo a quanto la perdita di uno dei 5 sensi possa favorire lo sviluppo compensatorio degli altri 4) ed è per questo che non possiamo lasciare al caso il processo di recupero, tenendo ben presente che esso non termina all’uscita dalla sala operatoria o dal reparto nè necessariamente al termine della terapia farmacologica ma solo ed esclusivamente quando il corpo e la mente hanno compreso, elaborato e risposto in modo completo trovando un nuovo equilibrio.

CONDIZIONAMENTO MUSCOLARE PRE-OPERATORIO

Siamo cresciuti con l’idea che un intervento chirurgico (soprattutto di natura ortopedica) preveda un periodo più o meno lungo di riabilitazione. Vero!

La domanda da farsi a questo punto è: Quando?

La maggior parte dei “non addetti ai lavori” potrebbe considerare il quesito banale finendo per rispondere che, anche in virtù del nome stesso, la “riabilitazione” non possa che essere successiva all’operazione.

La realtà è invece che il percorso riabilitativo si possa definire “perioperatorio” sottendendo una fase “pre” ed una fase “post” operatoria.

Numerosi studi scientifici (ad es. studi riguardanti la ricostruzione del Leg. Crociato Anteriore, il posizionamento di artroprotesi d’anca o ginocchio etc..) evidenziano l’importanza di un programma di esercizi mirati per almeno 4-5 settimane prima dell’intervento programmato.

Pianificare un intervento in tal senso , indipendentemente dal tipo di problematica, significa porsi due principali obiettivi:
1) Educare il Paziente all’esecuzione degli esercizi su cui si baserà la riabilitazione post-operatoria, garantendo un approccio graduale in un momento in cui non sono ancora presenti le difficoltà legate all’intervento in termini di dolore, ridotta propriocezione e scarso controllo del segmento corporeo interessato.
2) Potenziare la muscolatura al fine di ottenere un più rapido recupero nelle fasi successive. A tal proposito non dobbiamo dimenticare che il nostro organismo, laddove percepisca una fragilità o un dolore, ci spinge più o meno consapevolmente a non sollecitare la parte interessata.
Ciò determina la diminuzione del tono-trofismo muscolare prima dell’intervento, condizione che deve essere evitata/limitata attraverso una sapiente stimolazione dei distretti muscolari coinvolti.

RIEDUCAZIONE POSTURALE

Il termine “postura” identifica la posizione del corpo nello spazio e la relazione tra i suoi segmenti.
Secondo un’interpretazione più ampia essa rappresenta un mezzo di comunicazione tra il nostro mondo interiore e quello che ci circonda” o ancora l’adattamento di ogni individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale”. Questo complesso sistema non coinvolge esclusivamente l’apparato muscolo scheletrico; sono numerosissime in fatti le parti del nostro organismo che vengono chiamate in causa al fine di indirizzare/ricevere stimoli al/dal Sistema Nervoso. A tal proposito citiamo, oltre ai muscoli e alle articolazioni, l’occhio, la cute, l’orecchio interno, l’apparato stomatognatico (sistema occlusale e lingua) etc…

Una prima valutazione Clinica si basa sull’anamnesi, sull’osservazione del Soggetto e su test clinici non invasivi allo scopo di evidenziare eventuali dismorfismi (alterazioni morfologiche a carico dello scheletro) o paramorfismi (atteggiamenti posturali non corretti).

Dall'osservazione potranno essere rilevate asimmetrie e rotazioni dei segmenti scheletrici nonchè la presenza di zone di alterato trofismo e/o tono muscolare.
Lo scopo di un’attenta valutazione diviene rilevante nel programmare l’esercizio fisico individuale o nel suggerire eventuali approfondimenti da effettuare in collaborazione con altre figure professionali specializzate nell’ambito della posturologia clinica.

L’ allenamento in sala pesi (finalizzato o meno alla pratica di una disciplina sportiva) con il passare del tempo può causare retrazioni muscolari a carico di quei muscoli che vengono maggiormente sollecitati.

Un lavoro non bilanciato espone al rischio (reale) di alterare in maniera significativa la postura del soggetto, causando da un lato dolori e fastidi muscolari, dall’altro un’alterazione dell'armonia e dell’eleganza corporea.

ATTIVITÀ MOTORIA IN ETÀ MATURA

Al giorno d’oggi vivere l’età matura, diversamente rispetto a trenta o quarant’anni fa, significa viaggiare, praticare sport, usare strumenti tecnologici e non trascurare l’intimità di coppia, affrontando i molteplici aspetti della vita con piena consapevolezza.
La mia esperienza lavorativa nell’ambito geriatrico ha avuto inizio 16 anni fa, dapprima legata agli aspetti motori e riabilitativi, successivamente con la presa in carico globale del paziente in veste di Medico e Responsabile Sanitario di una Struttura Geriatrica ospitante 91 pazienti e composta da 2 diverse Unità d’offerta: Lungodegenze e Cure Intermedie.
Tale percorso mi ha regalato più di quanto potessi immaginare in termini di emozioni e consapevolezza, permettendomi di comprendere l’importanza di un corretto stile di vita come elemento capace di evitare o ritardare la perdita delle funzioni motorie residue.
Personalmente, a causa del potere di suggestione che le parole hanno su di noi e sugli altri, preferisco non usare il termine “anziano” per non correre il rischio di etichettare o catalogare l’individuo in base ad un mero dato anagrafico che assume ormai una valenza molto relativa.
Se è vero che il passare degli anni incide inevitabilmente sul grado di prestanza dell’individuo, non è altresì vero che maturare significhi dover precludere a noi stessi la possibilità di vivere con soddisfazione e pienezza le nostre relazioni sociali ed il rapporto che abbiamo con noi stessi e con il nostro corpo.
E’ forse proprio questa la stagione della vita in cui abbiamo più tempo da dedicare alla cura di noi stessi, ormai liberi dalla compulsività dei ritmi lavorativi. Certo è che le necessità del nostro organismo cambiano con il tempo e di conseguenza anche le nostre priorità.
Il nostro “apparato locomotore” e la nostra “macchina metabolica” esprimono necessità molto diverse ed i parametri su cui impostare l’allenamento andranno adattati con precisione tenendo conto di eventuali patologie concomitanti, di una componente strutturale (ossa-tendini-legamenti-muscoli) meno resistente e con specifiche necessità di recupero.
Sarà dunque importante come e più di prima stimolare il buon tono-trofismo del muscolo (proprio per prevenire la sarcopenia e quindi il rischio di cadute) ma i metodi di allenamento saranno sostanzialmente differenti rispetto al giovane.
Equilibrio, propriocezione, dinamiche respiratorie, ginnastica posturale etc.. assumeranno in questa fase della vita un ruolo importante, il quale esprimerà la sua piena potenza se associato ad un corretto percorso nutrizionale.